Da qui comincia la reazione a catena degli eventi: in costume e ciabatte inizio a correre giù dalla struttura ricettiva fino in spiaggia urlando a squarciagola “ELENA! ELENA!”.
Elena, beatamente sdraiata sul lettino e felicemente baciata dal sole, sente in lontananza la mia voce e voltandosi nota un folle che corre roteando le gambe come Willy E. Coyote agitando le braccia come per segnalare un imminente “disastro”. È ancora ignara su cosa le sta per piombare addosso.
La raggiungo in evidente ipossia
con il cuore che pompa faticosamente e violentemente sangue nelle vene e tra una boccata d’aria
e l’altra le dico: “Corri …. in camera…, dobbiamo… patire… subito!”
Elena mi guarda perplessa, pensando sia uno dei miei soliti scherzi stupidi o che abbia avuto un attacco acuto di demenza. Quando le dico seriamente che stiamo perdendo l’aereo la vedo barcollare (e non per il caldo), ma fortunatamente reagisce (o sembra farlo) perché la vedo correre.
Arriviamo in camera, apriamo le valigie sul letto e ci buttiamo dentro i
vestiti dentro - letteralmente alla rinfusa -, chiudendole lasciando
penzolare fuori maniche di magliette, calzini e altri indumenti imbarazzanti.
L’ultimo tratto tra camera e reception è in salita e con il sole quasi allo Zenith,
il colpo finale. Ciò nonostante, 10 minuti dopo essere stato informato del
nostro abbandono in Egitto da parte del nostro gruppo, ci troviamo all’ingresso del
resort – sudati fradici - pronti a prendere un taxi chiamato nel frattempo
dalla hostess (che però pare essere scomparsa). Mancano solo 40 minuti alla
partenza, ma fortunatamente l’aeroporto è a pochi minuti di distanza…forse
riusciamo nel miracolo.
Mentre siamo fuori scalpitanti in attesa del taxi, ci raggiunge un conducente di un autobus parcheggiato lì vicino. Vedendoci scrutare nervosamente l’orizzonte in cerca del taxi (e la notizia di due turisti che devono raggiungere l’aeroporto autonomamente ormai si è sparsa in tutta la struttura), con gesti e parole ci fa capire che si rende disponibile a portarci lui “GRATIS” in aeroporto.
“No taxi, bus! Free!” ci dice.
Non crediamo alla fortuna che finalmente sembra
essersi accorta di noi. Non vedendo ancora alcun taxi, saliamo frettolosamente sul bus e partiamo in direzione aeroporto. Nel
dubbio gli richiedo di nuovo con faccia incredula “Airport?” indicando il bus,
giusto per dissipare ogni possibile dubbio, e lui convinto e soddisfatto risponde sorridente
“Yesss!”, contento di esserci d’aiuto.
Iniziamo ad intravedere
l’aeroporto in lontananza, più che altro perché notiamo degli aerei sbucare da da dietro alle dune. Mancano 35 minuti…
Lungo la strada arriviamo ad un bivio, indicante a sinistra l'aeroporto.
"Dai, dai!" esorto l'autista nei miei pensieri. L’autista imbrocca la destra direzione ….resort…resort??? ….RESORT?!?!?
Lo guardo incredulo e gli dico con occhi
sgranati “Airport!! Urgent!! No time!!” poche parole ma chiare, ma
l’autista serafico mi sorride di riflesso e ribadisce “No worry, airport”.
“Yes, ma airport now, not tra un
hour!” gli replico ormai con le lingue in confusione. Stesso sorriso e stessa
rassicurazione di risposta…
Ci fermiamo davanti ad un resort con un gruppo di anziani che aspetta di salire a bordo. Probabilmente l’autista doveva passare a prenderli e ci ha dato un passaggio, ma accidenti, poteva almeno avvisarci. Il gruppo sale fortunatamente abbastanza in fretta e dopo pochissimi minuti il bus è di nuovo in viaggio.
Mancano 25 minuti al volo….ce la possiamo
fare, l’aeroporto è piccolo, ce la possiamo fare.
Quando scorgiamo un secondo e poi terzo gruppo sul ciglio della strada vicino ad altri due resort, capiamo che per noi non ci sono più speranze. Raccolto l’ultimo gruppetto, ormai veramente prossimi all’aeroporto, vedo un aero alzarsi il volo.
“Vedi Elena, quello è
il nostro aereo!” le dico ormai rassegnato al mio destino di profugo in terra egizia.
Nessun commento:
Posta un commento